Un militare gay scrive al mattino di Napoli

La lettera che vi riporto in parte (per intero la troverete nel link sotto) è quella di un ragazzo, un militare italiano che difende, e giurato di fronte alla bandiera italiana, di difendere un paese che lo vede come una minaccia? Qui non si vuole fare la solita parte di chi si sente discriminato, ma i fatti che ultimamente sono venuti fuori alla luce (vedi Alfano che manda una circolare a tutti i comuni, dove intima di non registrare matrimoni gay contratti all'estero, in paesi dove il cittadino viene davvero rispettato).

Sono un militare e sono gay, ho assistito come tutti alla manifestazione delle "Sentinelle in piedi". Ebbene volevo dirle che sono indignato. Ho ventisette anni e un compagno. Ripetere per l'ennesima volta che l'omosessualità non è una malattia mi sembra da stupidi, lo sanno anche i muri ormai.
Io ho giurato anni fa di difendere questa nazione dinanzi a una bandiera, e come me mille altri di noi (sia etero, sia gay, sia lesbiche). Mi sembra che giorno dopo giorno mi venga tolto quel poco di diritto che mi rimane.
Vivo male la mia omosessualità a causa di gente come le "sentinelle" a cui non auguro nulla di male, mai. Vorrei prestargli, se me lo permette, le mie scarpe. A tutti questi meravigliosi individui con le candele ai piedi e i libri fra le mani, vorrei fargli provare il mio cammino, le mie sfide e la cosa più brutta di tutte, tenere nascosta una storia che di nascosto non dovrebbe avere nulla.


Oggi, nel duemilaquattordici la gente scende in piazza non "per noi" (che potremmo essere i loro figli, fratelli, nipoti, amici) ma "contro" di noi. Tutto ciò mi fa tanto male, mi ricorda che siamo in un paese senza diritti. In un paese dove i ragazzi come me, persone normalissime e con interessi, vengono "freddati" da atteggiamenti di questo genere che fanno male.

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