Padri e Figlie di Muccino segna un gradito ritorno
Per chi ha già visto i film di Gabriele Muccino sa che con questo film il regista è tornato con la sua impronta ben impressa nel film.
Un film che a tratti, soprattutto all'inizio, stenta a decollare, ma che contiene le emozione facendole traboccare nella parte finale della storia.
Jake Davis è uno scrittore che ha già vinto un premio Pulitzer. Quando
sua moglie muore in un incidente d'auto Jake si ritrova a dover crescere
la figlia Katie da solo, e a dover gestire una serie di problemi fisici e
mentali che derivano proprio dal trauma dell' incidente, che lo costringono ad un temporaneo ricovero presso un ospedale
psichiatrico. Purtroppo Katie viene affidata alla zia, sorella della
madre defunta, che nutre verso Jake un profondo rancore che non nasconde sin dalle prime battute. 25
anni dopo Katie è diventata un'assistente sociale che si occupa di
bambini disagiati e che nel tempo libero si concede a chiunque,
rifiutando di instaurare legami che vadano oltre il sesso occasionale.
Il grande amore che ha provato per il padre le ha lasciato un vuoto
incolmabile e ha fatto di lei una persona in grado di aiutare gli altri,
ma non se stessa.
E' un film che parla di sentimenti, è un film umano come spesso mi sono ripetututo ieri guardandolo. Ci sono momenti in cui arrivi a chiederti guardando determinate scene quanto ne valga la pena, e la risposta per quanto mi riguarda è stata "ne vale la pena".
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